Whole Post

Home  |  Whole Post (Page 2)

Una delle frasi più comuni in azienda quando chiedi di portare nuove idee, trovare soluzioni o pensare le cose in modo diverso è: “Non sono creativo, … per quello c’è il mio collega, … mia sorella era la creativa in famiglia, … la creatività non fa business quindi non mi interessa”  … e frasi simili.

Questi pregiudizi hanno in comune la scarsa fiducia nel proprio potenziale creativo e, come sottolineano i fratelli Kelley, creatori dell’azienda di Global Design IDEO, questo recupero del proprio potenziale creativo si genera costruendo ambienti di fiducia creativa.

IDEO lavora sul cambiamento attraverso il design, nello specifico Design Thinking, e considera elemento base la Creative Confidence (letteralmente fiducia creativa), il cuore dell’innovazione a servizio della crescita e della agilità organizzativa. Il clima generato da una sicurezza psicologica e da una fiducia creativa permette di passare all’azione e di generare gruppi creativamente sicuri.

Nella nostra esperienza come Colibrì Team abbiamo utilizzato il Design Thinking e abbiamo raccolto alcuni fondamentali elementi che permettono di generare la “Creative Confidence”.

DIVERTIRSI: elemento essenziale della creatività è il divertimento. Proprio come per i bambini, usare la creatività deve avere una funzione divertente e giocosa, quindi apparentemente senza scopo. Recuperare il bambino sognatore, aprirsi all’ozio!

IMPARARE FACENDO: inizia a fare, non avere timori e oltrepassa la paura del risultato. Fare esperienza anche dell’errore, dell’imperfetto, del raggiungere qualcosa che non ha nome. Questo è fare prima di pensare. Come dice il maestro Yoda in Guerre stellari “Fare o non Fare! Non c’è provare”.

ESSERE CURIOSI / OSSERVARE I DETTAGLI: entrare nei panni di un investigatore. Come Sherlock Holmes, allenare l’attenzione al dettaglio, dedicare tempo all’osservazione della natura, di una persona, di un oggetto. Allenare l’occhio della mente, osservare senza incasellare in categorie conosciute può essere difficile ma ne vale la pena.

TENERE SEMPRE IN TASCA UN NOTES: evitare di prendere appunti sul Samsung notes del telefono o di mandarsi una mail per non perdere quella informazione. Dobbiamo recuperare la nostra manualità nello scrivere, prendere appunti, creare uno schizzo. A volte abbiamo belle idee perché l’ispirazione e l’apertura mentale è arrivata in un momento in cui non pensavamo di averne bisogno … quindi scrivere, appuntare, disegnare!

OVER-PRODUCTION DI IDEE: quando le idee sono “abbondanti” e facili, e tu (e il tuo team) ne avete una dozzina al giorno, non c’è bisogno di diventare “territoriali” su di esse. E se un’idea che avevi si fonde con altre, non è un problema ,,, anzi! Ci sono molte idee dove ne è nata almeno una e l’intero gruppo condivide il merito. L’apprendimento in gruppo di strumenti e metodi di creatività e la generazione di moltitudini di idee aumenta la spirale di fiducia creativa … e questo l’abbiamo sperimentato ancora nella  nostra esperienza di Design thinking come Colibrì Team. 

CREARE L’AMBIENTE FISICO ADATTO: costruire l’ambiente “fisico” per avere ispirazione, mettere un quadro, inserire delle piante, dipingere una parete, usare immagini-forme-colori che stimolino il cervello verso una apertura creativa. Trasformare lo spazio che si condivide con i colleghi in un ambiente “poetico”.

CREARE L’AMBIENTE EMOTIVO: dare e chiedere fiducia, abbandonare la paura di sbagliare per creare una nuova cultura dell’errore. L’errore è fonte di apprendimento, innovazione, evoluzione che genera un universo di possibilità; la scintilla di questo fenomeno di possibilità è proprio il coraggio creativo di un membro del team, che non teme giudizio.

ALLENARSI … Allenarsi … Allenarsi: la semplice decisione di essere creativi non garantisce la creatività. Come ogni relazione, la relazione con la creatività (e la creatività degli altri nella tua organizzazione) richiede un po’ di lavoro. Fare un contratto con l’artista che è dentro di noi e rispettarlo, con disciplina e divertimento.

Dobbiamo recuperare il bambino creativo, e far crescere l’adulto artista assieme agli altri rendendo la creatività un atto collettivo e non solo individuale.

Buona riscoperta!!

FABRIZIA NERI Coaching. Training & People Managemen 

Qualche tempo fa, in occasione della 6a edizione di Innovare per Competere con Annalisa Delnevo e Marco Lazzari, valorosi consulenti, cari amici e Colibrì velagili, abbiamo scritto un libricino sul Design To Cost che mi piace riprendere e citare parzialmente qui per i lettori del nostro Blog 

Il libro era articolato in forma di dialogo; un dialogo tra la consulente Costanza e il suo bimbetto Federico … Ne trovate qui di seguito un pezzettino, semplificato nella forma, e reso più discorsivo ma sempre in tono “semplice, come se il Design To Cost fosse spiegato ad un bambino”.

Partiamo dalla definizione di Sviluppo Nuovo Prodotto.

SNP è un insieme di attività e strumenti che permette alle aziende di creare nuovi prodotti o servizi; ci deve essere almeno un processo e c’è bisogno di una organizzazione in modo da consentire la creazione dei nuovi prodotti con livelli qualitativi, costi e tempi definiti. Il processo SNP si potrebbe immaginare come l’insieme delle tappe di un percorso che parte dai Bisogni del Cliente e torna al Cliente sotto forma di oggetto che realizza i suoi desideri, nella fase di commercializzazione.

I vincoli estremamente importanti da rispettare sono 3: il Costo, il Tempo e il livello di Performance attesa (il soddisfacimento delle specifiche).

Il Costo (finale) del prodotto è determinato dalle scelte che si fanno durante lo sviluppo delle attività del percorso. Se affrontiamo ognuna di queste con lo spirito del Design To Cost l’azienda riuscirà a fare un prodotto davvero competitivo! Anche il Tempo ci può aiutare: se quello che impieghiamo a fare un Nuovo Prodotto, il Time To Market (TTM), è breve e ci permette di arrivare prima dei concorrenti con qualcosa di nuovo, si dice che “acquisiamo più competitività”. E sulla Performance che dire … non possiamo fare cilecca, il Cliente la dà quasi per scontata.

Il VALORE esprime il concetto di QUANTO il nostro Cliente è disposto a pagare per il nostro prodotto … e di quanto sarà grande il nostro guadagno dopo che l’avremo venduto!

Dobbiamo capire COSA il Cliente vuole e COME lo vuole; e se riusciamo anche a quantificare le sue aspettative in termini “economici” siamo davvero bravi!

In genere si usano principalmente 3 strumenti, che coinvolgono il Cliente in modo diverso e che richiedono anche alla stessa azienda diverso impegno di risorse:

1. Focus Group

2. Mappe degli Attributi

3. QFD (Quality Functional Deployment)

Prima di incontrare il Cliente, bisogna però riuscire a valutare tutti i costi aziendali e costruire una “Cost Breakdown Structure” (CBS) del prodotto ancor prima di progettarlo, considerando non solo i costi di “Manufacturing” ma anche quelli di “Utilizzo” e quelli di “Dismissione a fine vita”. In questo modo ho chiaro qual’è il mio Total Life Cost (TLC, o Lyce Cycle Cost LCC).

E poi bisogna conoscere/stimare i volumi di produzione (che il mercato assorbirà) e il profitto che l’azienda vorrebbe generare su quel prodotto

Bisogna poi considerare che il Cliente generico attribuisce un VALORE assolutamente diverso ed è disposto a pagare cifre assai diverse per avere una Ferrrari o uno shampoo. 

Nelle figure 6 e 7 è rappresentata la differenza principale nella definizione del costo per le tipologie di prodotti “commodities” come lo shampoo o “differenziati” (Non Commodities) come la Ferrari.

Il Design To Cost  (DTC)

E’ dunque uno strumento di natura strategica che serve ad ottimizzare simultaneamente i parametri con i quali il mercato valuta un prodotto o un servizio: qualità, costo e tempo di consegna.

Si basa sulle specifiche del prodotto che si vuole ottenere e non rappresenta una tecnica per il controllo periodico dei costi. Anche se può essere utilizzato per guidare un re-engineering pesante del prodotto. E’ un processo: 

  • Iterativo: si ripete finché i costi del prodotto non raggiungono il target prestabilito
  • di Concurrent Design: portato avanti da un Team multidisciplinare
  • e soprattutto non è “Cost Reduction” fatta a posteriori, dopo che la Progettazione è stata completata!

Il Design-To-Cost è un insieme di metodologie che ha l’obiettivo di definire e considerare il #TargetCost come un parametro indipendente del prodotto/servizio; il target deve essere raggiunto durante lo sviluppo di un prodotto, dalla progettazione al manufacturing. Nel DTC, le valutazioni di costo diventano parte integrante dei requisiti estesi del prodotto/servizio. Bisogna usare un approccio sistematico al controllo dei costi, in ogni fase del LifeCycle di prodotto, prendendo le giuste decisioni sull’intero ciclo di vita del prodotto già durante la fase di progettazione per evitare costi inutili nelle fasi successive, visto che  il design determina una parte sostanziale del costo del prodotto (ca. il 70% del costo finale).

DTC in pillole

… Se si è in tanti e tutti assieme si fa meglio e prima! Ci vuole un approccio cross-funzionale con esperti di produzione, di montaggio e progettisti qualificati. E tutti INSIEME BISOGNA parlare di:

– istruzioni e sequenze di lavorazione

– dati storici e analisi statistiche

– manuali tecnici descrittivi x forma e similitudini tecnologiche

– riduzione del numero e del costo dei componenti (Prodotto più “robusto” con “meno pezzi”)

Devono fare Stime dei costi di produzione. E anche per l’assemblaggio: 

– analisi della sequenza 

– modifiche sui componenti x ottimizzare le sequenze 

– valutazione dell’impatto di ciascuna decisione sugli altri fattori 

Per finire con un altro giro di Brainstorming con analisi economica 

1. CREATIVE IDEA GENERATION

bisogna mettersi intorno ad un tavolo con un problema chiaro da risolvere … e provare ad essere bimbi e a non avere vincoli, lasciare la mente libera di immaginare le soluzioni più matte.

E’ ovvio che per avere una buona “idea quality” bisogna che vengano definite alcune regole. Bisogna mettere in pista tanta tanta Creatività! 

La gente comune crede che la creatività sia solo una dote naturale, ma ignora che ci sono varie tecniche “di pensiero laterale” per stimolarla. E si può fare anche in modo tecnologico mettendo il “Protocollo Online”, condividendo le “Regole di Brainstorming” su whatsapp, ma soprattutto in modo attivo e interattivo “Mettendo in discussione gli approcci sistematici” e facendosi aiutare da una “Moderazione attiva”

Si creano così sessioni di grande energia da cui nascono tante idee, e tante di buonissima qualità! Gli Obiettivi di queste sessioni (quando sono finalizzate al DTC) sono principalmente tre:               

1. Sviluppare una comprensione comune dei sottoinsiemi 

2. Sviluppare idee iniziali per la riduzione dei costi 

3. Determinare i  passi successivi

2. DFMA (Design For Manufacturing & Assembly)

Si tratta di capire come progettare (Design) i singoli componenti in modo da (For) semplificare la loro manifattura (Manifacturing) e il loro assemblaggio finale (Assembly), in modo da ridurre i costi di fabbricazione e di assemblaggio: le cose semplici costano poco! …anche se a furia di ridurre i pezzi si possono creare delle complicazioni difficili da produrre. 

L’obiettivo è trovare il miglior equilibrio tra numerosità delle parti, facilità di assemblaggio e producibilità; all’inizio il processo è divertente, ma a volte può diventare noioso. Bisogna essere molto metodici, fare rigorose “Iterazioni sistematiche della progettazione passo-passo” e  sforzarsi di valutare voci di costo legate al processo di produzione quando sono appena all’inizio della progettazione. E in questo caso bisogna pensare non solo alle componenti di costo DIRETTE (dipendenti cioè dalla quantità e tipologia di componenti da produrre) ma anche a quelle INDIRETTE, le più insidiose, presenti solo perchè sto lanciando un determinato processo produttivo!

In generale se penso al processo manifatturiero posso considerare almeno 4 voci di costo:   a. materia prima   b. operazioni   c. accessori   d. set-up

Quindi se voglio ridurre il costo di un assieme di 10 componenti, dovrò ridurre queste 4 voci di costo per ognuno di loro.

3. VALUE ANALYSIS

Anche l’approccio AV è caratterizzato dal rigore dell’attività interdisciplinare che deve definire il coefficiente di valore, rapporto tra l’utilità delle funzioni ed i costi complessivi degli elementi.

Il metodo dell’analisi del valore si articola in cinque fasi:

1. fase informativa

2. fase creativa

3. fase analitico-selettiva

4. fase di sviluppo delle proposte selezionate

5. fase di presentazione delle soluzioni

… To Be Continued!

Vi siete incuriositi?

Allora tornate il prossimo mese a leggere le prossime 4 pillole della seconda puntata di DTC 🙂

E se volete una copia gratuita del libro, richiedetelo secondo le modalità illustrate qui:

http://www.consulenzemanageriali.com/dtc.html

Se invece non riuscite a resistere e volete assolutamente saperne di più, … chiamateci!!  😉

a presto,

Claudia Miani

Innovation & Management Advisor

CLAUDIA MIANI – Innovation & Management Advisor 

Negli ultimi sei mesi “smart-working” è stata una delle parole più abusate. Abbiamo spesso abusato del significato originale e abbiamo usato “smart-working” invece del più generico “home-working”.

In quasi tutti i paesi del mondo siamo stati costretti dalla pandemia a lavorare da casa, in condizioni difficili, con apparecchiature domestiche, in un ambiente complesso e non professionale, spesso senza linee guida chiare ed efficienti da parte della nostra azienda, a volte con scarso supporto da parte dei nostri manager disorientati che hanno dovuto fare i conti con un evento straordinario, non previsto in nessun piano di continuità aziendale. 

Lo Smart-Working è molto più di questo!

 

Negli ultimi mesi ho pensato molto a una buona soluzione e ho lavorato molto con un team di amici multidisciplinari per definire alcune linee guida e progetti strutturati che potessero essere adattabili per la maggior parte delle organizzazioni (private e pubbliche) in Italia.

Nel team molti di noi hanno avuto la fortuna di lavorare in grandi multinazionali dove lo smart-working era già una cosa perseguita da un paio di decenni e lavoriamo ancora in questo modo come professionisti.

E dalle nostre esperienze abbiamo potuto trarre alcuni spunti da cui partire, da personalizzare rispetto alle caratteristiche delle diverse Organizzazioni.

 

Condividerò con voi alcuni di questi suggerimenti, per permettervi di costruire su di essi il vostro “modello SmartWorking” e/o per ottenere il vostro supporto/feedback per il nostro ambizioso Progetto.

 

Prima di tutto, iniziamo con la “nostra” definizione.

A nostro avviso lavorare da casa in modo non strutturato e non definito non è smart-working.

La parola “smart” implica intrinsecamente un concetto di conciliazione vita-lavoro, e implica una fitta e ben definita rete di processi i cui obiettivi e KPI, attività e relative responsabilità sono chiaramente definiti, in un ambiente dove fiducia e leadership sono fondamentali.

 

Oltre a questo, abbiamo definito che SmartWorking è una sapiente miscela di Persone e Processi che utilizzano Strumenti e Metodi definiti e regolamentati, in conformità con Regolamenti e Standard internazionali, progettati o perfezionati per essere utilizzati in un luogo strutturato e sicuro (fuori dal azienda).

Non è qualcosa che può nascere in una notte, ma può essere costruito passo dopo passo seguendo un piano chiaro, mirato e ben organizzato, e può dare grandi benefici all’Azienda e ai Dipendenti, a parte le emergenze.

 

PERSONE E PROCESSI

Tutte le persone in un’organizzazione sono potenzialmente interessate dallo SmartWorking, dall’imprenditore ai manager, a tutti i dipendenti.

Smart Working significa sfidare i tradizionali vincoli legati al luogo e al tempo, lasciando le persone più autonome nel definire come lavorare a fronte di una maggiore responsabilità per i risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, empowerment, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi cardine di questo nuovo approccio.

Non dover recarsi presso la sede della Società ha ovviamente un impatto positivo sull’impronta ambientale e conferisce all’azienda un apprezzamento ecologico e sostenibile, oltre a una significativa riduzione dei costi di viaggio.

Per i Dipendenti i vantaggi di impostare lo “SmartWorking” sono:

  • Un certo livello di flessibilità nell’orario di lavoro (adattamenti giornalieri e settimanali)
  • Un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata
  • Una certa autonomia nell’organizzazione del lavoro

Ma per mettere in pratica tutte queste semplici parole, dovrebbe essere messo in atto un processo globale di apprendimento e miglioramento della comunità imprenditoriale.

 

STRUMENTI E METODI

Tutti i dettagli relativamente a Strumenti/Attrezzature da utilizzare devono essere definiti e condivisi consapevolmente: PC / Workstation, software specifici, backup, antivirus e firewall, stampanti e altri dispositivi,

LAN e connessioni, VPN e autenticazione, sicurezza, disponibilità, criteri di continuità,

Strategie cloud, strumenti web e supporto tecnico …

Nulla deve essere lasciato al caso o alla libera decisione dei singoli!

Gli strumenti di gestione collaborativa e visiva sono elementi chiave per un’implementazione efficace ed efficiente di SmartWorking.

 

REGOLAMENTI E STANDARD

Mettere in atto uno SmartWorking serio implica molti vincoli dati dai Regolamenti e potrebbe essere in qualche modo diverso da Paese a Paese.

Dobbiamo considerare tra questi:

  • Gestione e sicurezza delle informazioni e dei dati (principalmente ISO 27001 e 27017)
  • Sicurezza e protezione per le persone, ben addestrate per lavorare in diverse situazioni e condizioni (principalmente ISO 45001)
  • Sicurezza per i luoghi
  • Regole e contratti tra la Società e i suoi dipendenti
  • Piano/verifica di capacità/saturazione di tutti gli accessi da postazioni remote

 

Nel nostro progetto SmartWorking abbiamo pensato di “utilizzare” un pivot-player al fine di raccogliere le migliori situazioni “disponibili” sullo SmartWorking, per condividere esperienze tra aziende delle stesse dimensioni / business, per migliorare quelle esperienze di volta in volta e per sviluppare una sorta di intelligenza collettiva e sociale sulla pratica SmartWorking.

Questa potrebbe essere anche una grande opportunità per mettere in luce le eccellenze della nostra regione, per accrescere e premiare la loro visibilità ed eventualmente per promuovere alcuni gemellaggi con altri Paesi europei, dando così un vantaggio estremo al nostro territorio con una mentalità aperta all’apprendimento.

Nel nostro progetto gli StakeHolder principali sono i Lavoratori, sono sempre le Persone che fanno la differenza!

E queste persone, nella nostra visione, richiedono formazione, accompagnamento sul lavoro, luoghi di lavoro sicuri, guida e leadership da parte del management aziendale e una buona “dose” di Project Management.

Richiedere il miglior ambiente di lavoro possibile, e non solo fisicamente e/o tecnologicamente ma anche emotivamente parlando.

 

In perfetta sintonia con i Lavoratori, dobbiamo poi definire e riassestare i Processi di base: in particolare quelli che si occupano di Decisioni, Gestione dei Dati e Miglioramento Continuo, oltre a quelli relativi al piano di Business Continuity, aggiungendo ad ogni processo elementi specifici che potrebbe aiutarli a lavorare sia online che offline.

Un grande miglioramento delle soft skills è lo spunto per l’intero processo di SmartWorking (come Paolo Colombbo ha chiaramente descritto QUI).

 

Infine per monitorare l’implementazione di SmartWorking dobbiamo impostare alcune Metriche (KPI) e misurarne costantemente il valore, riferendoci continuamente ai nostri obiettivi, in modo da reindirizzare sempre il timone verso l’eccellenza!

 

CLAUDIA MIANI

Innovation & Management Advisor

 

TAG:

#SmartWorking # smart-working #smart # home-working #not_only_working_from_home

#People #HR #Workers #SmartWorkingProjects #SmartWorkingProcess #excellence # PEOPLE & PROCESSES

#KPI #metriche #processi #progetti # STRUMENTI E METODI #REGOLAMENTI #NORME # STANDARD #pandemia

 

Per la versione inglese:

https://trendsandmanagement.com/be-smart-with-smartworking/

 

Il filosofo Z. Baumann definiva l’epoca attuale “modernità liquida” caratterizzata dal fatto che nulla ha più confini nitidi e definiti una volta per tutte.  Sostiene inoltre che “… il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”.

Nel recente passato la velocità del cambiamento industriale e sociale è stata determinata dai tempi di esecuzione e dai risultati dei progetti di innovazione. Oggi il paradigma si è invertito, sono i progetti di innovazione che vengono pesantemente condizionati dal contesto che cambia molto più velocemente della loro velocità di esecuzione.

In questo scenario così profondamente mutato, le metodologie di Project management sono ancora in grado di assicurare una gestione efficiente ed efficace dei progetti?

La domanda non ha una risposta né semplice né univoca; come spesso capita nel mondo del Project management la risposta più appropriata ad ogni domanda è “dipende” …

Dipenderà dalla sua capacità di attualizzarsi spogliandosi dei suoi dogmi, delle sue liturgie preconfezionate e delle sue mode per tornare a mettere al centro la sua anima originale che, a mio modo di vedere, è la gestione efficiente ed efficace delle eccezioni

Il Project Management è una sorta di assicurazione che le organizzazioni contraggono per garantirsi la miglior probabilità di raggiungere un obiettivo definito in un contesto vincolato. E’ per questo fine che è necessario definire un obiettivo, fare una pianificazione, gestire rischi e opportunità e monitorare l’esecuzione, in quanto questi sono elementi necessari per essere in grado di gestire le deviazioni che mettono a rischio il raggiungimento dell’obiettivo definito nel rispetto dei vincoli definiti.

La disciplina del Project Management ha codificato approcci, prassi e strumenti per gestire cambiamenti di obiettivo e dei vincoli, permettendo al progetto di muoversi da un punto “solido”, cioè con confini definiti e stabili, ad un altro punto “solido”. Questo approccio, estremamente utile nel recente passato, rischia oggi di non essere più efficiente ed efficace in quanto è sempre più frequente la necessità di navigare in un contesto “liquido” che per sua natura non può darci riferimenti “solidi”. 

Il Project Management ha nel suo DNA la consapevolezza che i risultati si raggiungono attraverso una adeguata gestione dell’incertezza ma è necessario andare oltre, l’incertezza oggi si caratterizza in modo molto diverso rispetto al passato, ha connotati sempre più legati all’imprevedibilità più che ad una probabilità di accadimento. 

La modernità liquida ci impone una critica e innovativa re-interpretazione dei valori fondanti le metodologie di Project Management.

  • L’approccio. 

Per navigare propriamente in un contesto liquido non bisogna mimare efficientemente un processo predefinito ma interpretare efficacemente il contesto e per farlo serve il corretto approccio mentale: serve conoscere i principi di base e il loro “perché”. 

  • Obiettivo. 

Sempre di più il successo di un progetto oggi non si misura solo attraverso la sua capacità di produrre in modo efficiente un OUTPUT ma soprattutto nella sua capacità di essere efficace nel generare un OUTCOME positivo sul cliente e sulla organizzazione. Tutto questo deve riflettersi nella definizione dell’obiettivo di progetto.

  • Gestione del rischio. 

La gestione del rischio non è più sufficiente a garantire l’efficiente ed efficace esecuzione di un progetto: serve la capacità di gestire l’imprevedibile, i progetti devono diventare resilienti

  • Gestione del focus.

Il focus dei team di progetto non potrà più essere soltanto sul raggiungimento dell’obiettivo, ma dovrà espandersi e includere anche la capacità di leggere e interpretare il contesto, per intercettare ogni indicazione di cambiamento e valutare le modalità di adattamento

Permettetemi di chiudere condividendo una citazione che ha contribuito a stimolare le mie riflessioni:

“Ci sono tre tipi di uomini: i vivi, i morti e quelli che vanno per mare”

Aristotele

Io sono pronto a salpare, voi?

A presto e buon lavoro a tutti.

Andrea Benuzzi